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Ecco i risultati della politica estera di Obama

Riprendiamo dalla Stampa di oggi, 29/03/2014. con il titolo “Riad avrà l’atomica se l’America non fermerà il programma iraniano” l’analisi di Maurizio Molinari.

image imageRe Abdullah Maurizio Molinari

Sono stati i briefing con i rappresentanti sauditi a Washington ad anticipare alla Casa Bianca la posizione di re Abdullah sul nucleare iraniano: «SeTeheran raggiungerà l’atomica dovremo garantire la nostra sicurezza». In altri termini ciò significa collegare gli accordi esistenti di collaborazione militare Washington-Riad ad un necessario adattamento alla presenza di una potenza atomica sul lato opposto del Golfo Persico. Per comprendere l’approccio di Riad a questo delicato scenario bisogna tener presente che nel 2010 venne inaugurato il centro di ricerca King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy al fine di «ricerca e sviluppo su materiale nucleare per fonti alternative di energia e desalinizzazione dell’acqua in Arabia Saudita». Si tratta di uno strumento a cui Riad guarda nell’ottica di una maggiore cooperazione con gli StatiUniti sul nucleare. Si spiega così il fatto che nell’anno appena trascorso la società Pillsbury Winthrop ShawPittman diWashington, che rappresenta gli interessi di Riad, ha investito oltre 840 mila dollari in attività tese a «rafforzare la cooperazione con gli Stati Uniti sullo sviluppo di un programma nucleare pacifico». Ciò significa che la scelta compiuta dal re nel 2009 di perseguire l’energia nucleare e l’obiettivo, annunciato nel 2011, di costruire 16 reattori nucleari nei prossimi 20 anni si basa sulla volontà di cooperazione anzitutto con Washington. Mettendo sul piatto investimenti futuri stimati da fonti finanziarie del Golfo in almeno 80miliardi di dollari. Sommando tale volontà di cooperazione nucleare conWashington all’esistenza degli stretti legami fra i due apparati della difesa – il Pentagono ha assegnato nel 2010 a Riad la commessa di armi convenzionali più grande di sempre, pari a 60miliardi di acquisti in un decennio – si comprende perché re Abdullah è determinato a chiedere anzitutto a Barack Obama il sostegno per arrivare a «pareggiare » la bomba che Teheran potrebbe avere in tempi assai stretti. Per il presidente americano si tratta di una richiesta difficile da gestire in ragione della sua nota politica contro la proliferazione e per la distruzione delle atomiche già esistenti. Se Washington dovesse non raccogliere l’offerta saudita, Riad avrebbe davanti a sé due strade diverse per arrivare al nucleare. La prima è l’opzione pakistana ovvero acquistare da Islamabad uno o più ordigni già pronti destinati ad essere montati sui missili balistici di produzione cinese Css-2 e Css-5 che Riad possiede in silos nel deserto già attrezzati per possibili lanci. La garanzia finora data da Riad che i missili più avanzati – perché a carburante solido – Css-5 non saranno adattati alle testate nucleari potrebbe essere ritirata trasformandosi nella prima carta da giocare per far percepire a Washington e Teheran l’accelerazione in corso. Ma c’è un’altra strada saudita al nucleare, a cui negli Emirati del Golfo si guarda con interesse, ovvero la possibilità di ripetere il percorso iraniano dotandosi di un programma di ricerca e sviluppo che include l’arricchimento nel rispetto dei trattati dell’Agenzia atomica dell’Onu a cui Riad conferma l’adesione. Tali trattati obbligano Riad a dare un preavviso minimo di 180 giorni all’Aiea prima di iniziare l’arricchimento. E se ciò avvenisse sarebbe l’inizio della gara al nucleare nel Golfo Persico.

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