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Tre buone leggi

imageA destra, la Knesset, il Parlamento Israeliano.

Cari amici,

mi rendo conto che, per amore di Israele e per preoccupazione per la sua sorte e certamente anche per compensare l’incuria della stampa italiana, noi di Moment Media Ethics e First Look Media Ethics  vi diamo un’informazione un po’ troppo concentrata sui rischi che corre lo Stato ebraico, sulle aggressioni terroristiche e diplomatiche che lo minacciano, insomma sul lato negativo della situazione israeliana. In realtà chi conosce Israele sa benissimo che nella vita quotidiana questo lato minaccioso è del tutto secondario, che la popolazione di Israele, quella ebraica come quella araba non solo è in assoluto ai primissimi posti in tutta l’Asia per tenore di vita, sicurezza sociale, efficienza dei sistemi medici, speranza di vita e per gli altri dati oggettivi, non solo è uno dei centri dell’innovazione scientifica e tecnologica mondiale (guardate qui l’ultima notizia su una tecnica di chirurgia cerebrale non invasiva: http://www.jewsnews.co.il/2014/03/24/only-in-israel-the-worlds-first-non-invasive-brain-surgery/) ma anche soggettivamente è uno dei posti in cui la gente si dichiara più felice di vivere, è più allegra e soddisfatta.

 

imageIl sistema antimissile israeliano

I terroristi cercano in tutti i modi di rompere questo stato di benessere, facendo pesare le loro minacce: per esempio, Hamas ha mandato in giro nei giorni scorsi migliaia di sms a cittadini qualunque, inclusi i corrispondenti stranieri minacciandoli personalmente di rapirli come Shalit e di ammazzarli (http://www.focusonisrael.org/2014/03/23/hamas-minaccia-gli-israeliani-via-sms-morirete-tutti/), gli studenti dell’università Al Quds, che ha sede in un sobborgo di Gerusalemme, fanno parate portando in spalla delle imitazioni di missili (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/178902#.UzKDa_l5OAU), cui del resto ha dedicato di recente un monumento Hamas a Gaza (se vi diverte lo potete ammirare in questo video: https://www.youtube.com/watch?v=91PkRs0Zcwk). Ma il dato di fatto è che la superiorità tecnologica israeliana rende queste minacce velleitarie. Certamente continua il piccolo terrorismo (piccolo ma non meno mortale) delle bombe nascoste sul percorso della pattuglie militari (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/178900#.UzKGu_l5OAU), di quelli che cercano di distruggere la barriera di sicurezza (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/178662#.UzKAjPl5OAU), degli accoltellamenti, dei tunnel estesi da Gaza in territorio israeliano per rapire qualche israeliano (http://www.nytimes.com/2014/03/22/world/middleeast/israel-announces-discovery-of-a-tunnel-stretching-from-gaza.html), dei sassi e delle molotov sulle macchine isolate, ma la grande minaccia missilistica di Hamas e compagni è stata ridotta, calcolano gli analisti israeliani, dell’86% grazie alla tecnologia antimissile (http://www.jpost.com/Defense/Study-Civil-defenses-cut-86-percent-of-deaths-from-Gaza-rockets-345676 ). Il risultato del lavoro dell’esercito israeliano e della sua tecnologia è che in generale Israele è per i cittadini e i visitatori comuni uno dei posti più sicuri del mondo e che le minacce del terrorismo a bassa intensità sono efficacemente contrastate come quelle dei razzi e come lo furono in passato quelle degli attentati suicidi, dei dirottamenti, degli eserciti arabi.

In realtà l’opinione pubblica israeliana, come il suo sistema tecnologico e scientifico e anche il suo sistema politico, non è affatto concentrata sulla minaccia terroristica, ma non perché la rimuova, semplicemente perché sa che si tratta di residui cui dovrà badare per un tempo indefinito nel futuro, che non c’è speranza di una pace vera (pensate solo che tutta la trattativa con l’Autorità Palestinese non tiene conto di Hamas che ha subito dichiarato che non ne riconoscerà i risultati…). E per continuare a resistervi è necessario che non solo il sistema tecnologico ed economico, ma anche quello politico non si fermino ma lavorino per migliorare. E’ di questo che voglio parlarvi oggi.

Una decina di giorni fa la Knesset (cioè il parlamento unicamerale di Israele) ha approvato tre leggi importanti che migliorano il funzionamento dello Stato in tre punti sensibili. I tre provvedimenti sono stati approvati assieme, per così dire blindati, perché ciascuno di essi poteva ledere degli interessi di parte della coalizione di governo, ma tutti assieme costituiscono un miglioramento importante e condiviso. Naturalmente l’opposizione ha fatto le barricate, ha organizzato una specie di Aventino, anche se a diversi suoi partiti alcune delle leggi non potevano andare bene; la stampa di opposizione, a partire da quel giornale sedicente autorevole che una volta aveva buona fama, non so quanto giustificata, e oggi ha perso quasi tutti i suoi lettori e la sua autorità che si chiama Haaretz, ha gridato alla democrazia a rischio. Ma giudicate voi con quanta ragione.

imageLe alture del Golan

Il primo provvedimento mira a combattere la frammentazione politica israeliana con vari dispositivi di cui il più importante è l’innalzamento della percentuale minima che un partito deve superare per entrare in parlamento (dal 2,5 al 3,25 per cento). Oggi ci sono una dozzina di partiti rappresentati alla Knesset, in questa maniera i piccoli dovranno aggregarsi e non ci potrà essere più nessun gruppo parlamentare che abbia meno di 4 deputati (su 120). Si tratta di un correttivo al proporzionale puro che è più basso di quello che esiste in parecchi paesi europei, compresa l’Italia e che si spera migliori la governabilità. Il secondo provvedimento impone che per qualunque cessione territoriale dentro i confini che Israele ha definito per legge come propri (non dunque Giudea e Samaria che sono considerate in discussione) ma all’interno della linea verde con l’aggiunta di tutta Gerusalemme e del Golan) potrà essere fatta solo in seguito a un referendum. E’ un provvedimento che mira a includere la popolazione nelle scelte più difficili che dovessero essere fatte in una trattativa di pace, evitando la possibilità di colpi di mano (come quello con cui Rabin fece approvare il secondo accordo di Oslo, con una maggioranza di un solo voto alla Knesset, inclusi i partiti arabi e un paio di deputati convinti con la promessa di posti di governo…) e anche di ricatti americani sottobanco.

imageEbrei hassidici in Israele

Il terzo provvedimento è il più noto, estendendo l’obbligo di leva ai charedim, quelli che la stampa occidentale chiama ultraortodossi. Vi saranno delle quote esenti, ma in linea di principio la legge esclude che una pratica religiosa e di studio esenti dall’assumersi l’obbligo della difesa del paese. Vi sono già diversi reparti dell’esercito la cui organizzazione è del tutto compatibile con le regole religiose (sono i reparti “datì leumì”, dei “religiosi nazionali”, che sono prevalenti nelle comunità ebraiche oltre la linea verde e non vanno confusi con i charedim), vi sono “accademie” in cui lo studio e la difesa sono praticate entrambe, insomma vi sono molte soluzioni per rispettare la tradizione religiosa; ma non è accettabile che un settore della popolazione si estranei dai compiti della difesa e con questo dall’appartenenza allo Stato e resti del tutto ignorante del mondo contemporaneo. L’esercito israeliano è fra l’altro un importante agente di professionalizzazione e innovazione tecnologica che dà una formazione ai suoi coscritti che permette loro un inserimento migliore nel mondo del lavoro. Il miracolo delle start up israeliane parte anche di qui, dalla funzione modernizzante del servizio militare.

Insomma, sono tre buon e leggi che migliorano in punti molto critici il sistema politico e istituzionale israeliano. Non avesse fatto che questo, la maggioranza attuale guidata da Netanyahu avrebbe comunque reso un buon servizio al paese

Moment Media Ethics

 

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